Trota marmorata
La trota marmorata o trota padana è il gigante della famiglia delle trote ed è un endemismo tipico dei fiumi alpini sfocianti nel mar Adriatico, e di alcuni della Bosnia e del Montenegro.
Si caratterizza per essere un predatore di vertice e questo spiega le difficoltà incontrate dai vari progetti marmorata messi in atto da molti gestori. Come l’Huco o salmone del Danubio ed altri predatori, necessita di un vasto territorio di caccia e tende, ovviamente, ad eliminare la concorrenza pappandosi le marmorate più piccole. Malgrado i ripopolamenti sarà quindi impossibile avere la densità di trote che si può avere con fario ed iridee.
Per questo motivo, non sempre, questi programmi riscuotono molta popolarità presso i pescatori, perlomeno presso quelli più interessati a cestini pieni e catture abbondanti ma, solamente, tra pochi appassionati più attenti alla qualità che alla quantità.
Il pescatore a mosca è sicuramente appartenente a questa seconda categoria in quanto culturalmente portato alla salvaguardia ambientale ed ad una maggiore salvaguardia degli equilibri ecologici ma, purtroppo la marmorata è, in assoluto, una delle prede meno catturabili con la coda di topo, viste le sue caratteristiche prettamente ittiofaghe. Vero che la pesca a mosca può essere esercitata con la ninfa e con lo streamer ma, la mosca secca, rimane in assoluto il fiore all’occhiello di questa raffinata tecnica.
Per indole personale sono caratterialmente portato a pescare quasi esclusivamente a galla in quanto ho la possibilità di curare maggiormente il lancio e la presentazione della mosca potendone seguire la deriva senza dovermi concentrare su quello che la mia ninfa sta facendo sott’acqua o cercare di percepire l’abboccata. Lo streamer lo riservo alla pesca in mare, in reservoir o per pesci esotici, quali i salmoni del Pacifico, ma senza riceverne, se non durante il combattimento , quelle speciali sensazioni ed emozioni che solo la bollata di un pesce sa regalarmi. Ovviamente si tratta di una scelta personale di cui accetto anche le controindicazioni in termini di catture soprattutto in febbraio e marzo, mesi che comunemente sono considerati poco produttivi per via delle temperature ma, che sull’Adige, sono in assoluto i migliori, se non assolutamente gli unici in cui si riesce a catturare a galla questi maglifici pesci, visto che con la metà di aprile, inizia l’acqua di neve ed il fiume diventa impescabile con la mosca , salvo che non si utilizzino streamers o ninfe piombate. Bisogna inoltre considerare che nel tratti trentino e veronese di questo fiume è proibito pescare in acqua, cosa che costituisce un grosso impedimento per la corretta pratica della nostra tecnica. Ad ottobre il fiume ritorna pescabile ed è consentita la pesca in wading ma le catture di trote sono “incidenti di percorso“ mentre insidio il temolo in quanto, per scelta etica, evito di insidiare specie di cui la pesca è, in quel momento, chiusa. Il No-kill non lo ritengo una giustificazione, ma solo una necessità.
La pesca di questa trota, che considero uno dei pochi pinnuti “veri“, ovvero, selvatici mi offre delle soddisfazioni non paragonabili a quella di altri pesci e rimane una delle mie recondite passioni. Vincere la mia difficile sfida con questo magnifico ed ancestrale animale, percepirne la potenza, ammirarne la straordinaria livrea, prima di ridargli la libertà è una grande gioia che mi ripaga dell’impegno e dei sacrifici.
La pesca ad inizio stagione è consentita unicamente a piede asciutto e questo complica moltissimo la situazione non essendo certo facile effettuare lanci lunghi e precisi con poco spazio alle spalle e con forti raffiche di vento. Con livelli bassi la zona B tra le dighe di Mori e di Avio nel tratto gestito dalla APDV , offre buone opportunità data la frequente presenza di intense schiuse di effimere di taglia media e grande e qualche volta , di marmorate in attività. Qui la schiusa non è sinonimo di bollate. L’imprevedibilità fa parte del fascino del grande fiume, quasi come la pesca del salmone atlantico dove l’alea è una componente costante. Anche la zona A a Borgo Sacco, frazione di Rovereto e la zona C a Borghetto, sono ottime ma i posti dove poter lanciare da riva sono veramente pochissimi salvo ricorrere a canne a 2 mani o, comunque di 9′ -10′.
Nel tratto veronese alcune zone praticabili si trovano nel tratto a monte del ponte di Peri e nella zona si Domegliara.
Ho moltissimi ricordi di catture emozionanti ma , sicuramente , quella di una magnifico pesce di circa 70 cm. catturato in zona B circa 7 anni fa, è tra i più vivi, non solo per la taglia ma per la strategia messa in atto per portarmi a tiro per poterlo catturare. Eravamo a metà febbraio con livelli bassi ed acqua limpida, la giornata è di quelle “da Adige“, non fredda, umida , con tempo coperto e come sempre in queste situazioni, assenza di vento. Verso mezzogiorno inizia una intensa schiusa di baetis scure intervallata con quella di sporadiche grosse rhitrogene. Noto qualche bollata e catturo alcune trote tra i 40 ed i 50 cm. . Sto godendo come un satiro !!! schiusa, pesci difficili e selvatici che bollano, la quintessenza della pesca a mosca. Sono in testa ad una lunghissima spianata ed ho esaurito i pesci in attività quando, guardando a valle, noto ad una cinquantina di metri delle continue bollate sottoriva. La sponda è a picco e quindi decido di risalirla, infilarmi tra la vegetazione, portarmi a valle del pesce, calarmi sulla riva e risalendo lungo lo stretto passaggio di sassi di poche decine di centimetri di larghezza, posizionarmi ad una quindicina di metri dalla zona di attività.
Mi fermo a studiare la situazione. La trota bolla un paio di metri al largo spostandosi di mezzo metro circa, di volta in volta, per ingoiare le scure effimere portate dalla corrente. Sono controluce e non la vedo ma, da come inspira le prede, intuisco che si tratta di un pesce di taglia. Sono appollaiato sullo strettissimo greto con, alle spalle, una parete di un paio di metri coperta da vegetazione e quindi dovrò effettuare una lancio laterale parallelo alla riva con una larga curva a destra per poter far derivare la mosca correttamente senza disturbare la preda con il passaggio della coda. Trattengo il fiato e lancio. La mosca scende per un paio di metri circa e scompare in un lieve gorgo, attendo una frazione di secondo e ferro. La trota resta immobile per qualche secondo poi parte come un missile a valle attraversando il fiume. Sento una trazione potente con continui colpi di testa . Capisco che è grossa ed il filo dello 0,14 non mi offre nessuna garanzia. Ho fuori oltre una decina di metri di backing e per recuperarlo, sono costretto a retrocedere lungo lo stretto passaggio, scivolando come un pattinatore sui sassi viscidi e rischiando un bagno poco gradito. Non ho il guadino e cerco una posizione dove spiaggiare la preda. Passano alcuni lunghi minuti con l’adrenalina che scorre a litri ma, data l’esperienza, riesco a controllare la situazione forzandola senza brutalità stancandola fino ad arenarla sullo stretto ghiareto. E’ uno spettacolo. Una grossa marmorata purissima con le vermicolature perfettamente evidenti sugli opercoli. La fotografo e la ossigeno in acqua finché la vedo ripartire placida e maestosa.
Per quanto concerne le attrezzature e mosche :
- Personalmente utilizzo la mia fedele ICT3 8′ # 4 ma sono sicuramente più indicate la TC4 9′ # 4-5 o 5-6 o meglio ancora la TC4 10′ # 4-5 perfetta anche per ninfa , sommersa e piccoli streamers.
- Mosche : per la secca la classica PF01 Pozzolini grey o la PF02 Pozzolini grey emergent in CDC su amo 14 oppure il “passero“ ovvero la PF04 Pozzolini March su amo 12 ottima anche in caccia e per la ninfa classiche Pheasantail su amo 14-12.
Augurandomi di trovare l’Adige con livelli bassi e stabili non mi resta che sperare di poter ritornare a pescare come sempre …. marmorate con la mosca secca.